Le banche al servizio del paese per la ricostruzione post pandemia. Toscana Oggi intervista il segretario di First Cisl, Riccardo Colombani, titolando così il suo servizio: “Alle crisi bancarie si sono associati molti episodi di risparmio tradito”.
Il giornalista Antonio Bernardini apre la conversazione chiedendo se “basteranno i miliardi del Recovery fund a salvarci”: «Con l’approvazione del Next Generation Eu – risponde il leader dei bancari della Cisl – l’Ue ha fatto un grande passo in avanti mostrando il volto di un’Europa della solidarietà che cerca di colmare la distanza tra Nord e Sud». Per Colombani le ingenti risorse economiche però «non basteranno da sole a risollevarci. Abbiamo bisogno di più credito ma anche di più capitale per le imprese, di uno shock da investimenti trainato dal risparmio privato che va indirizzato prioritariamente verso le Pmi. È un’idea che per primo ha avanzato il presidente della Consob Paolo Savona. Un appello al governo: coinvolga il sindacato nelle scelte future».
Nell’intervista al settimanale toscano torna ancora una volta il tema del risparmio privato quale opportunità per rilanciare l’economia. Antonio Bernardini chiede: come convincere il risparmiatori italiani che prediligono i titoli di stato? «Il risparmio va tutelato con garanzie statali – rimarca Colombani – ma va pure cambiato il rapporto tra intermediari finanziari e clientela» con l’adozione di un nuovo modello di «consulenza finanziaria su base indipendente, aperta a un ampio ventaglio di strumenti presenti sul mercato». Il tutto per «ottenere più trasparenza e di conseguenza più fiducia tra i clienti e più propensione all’investimento. Le banche verrebbero retribuite solo per il servizio svolto dai lavoratori subordinati». Fondamentale inoltre prevedere «una minore tassazione sui ricavi derivanti dalla consulenza su base indipendente».
Il giornalista evidenzia come le crisi bancarie, susseguitesi negli ultimi anni, abbiano intaccato la fiducia della clientela. «Non c’è dubbio – aggiunge Colombani – che le crisi bancarie si siano associate a episodi di risparmio tradito. All’origine c’è stata sempre la cattiva gestione degli amministratori. Non solo i risparmiatori, ma anche i bancari hanno pagato un prezzo pesante; pur essendo del tutto incolpevoli. Basta ricordare quel che è successo in Banca Etruria e i processi che, ancora oggi, vedono coinvolti alcuni lavoratori».
Dal risparmio privato al processo di riorganizzazione delle banche il passo è breve. Qual è il giudizio di First Cisl, chiede Toscana Oggi? «Il sistema delle relazioni sindacali è solido – risponde Riccardo Colombani – i lavoratori sono tutelati e continueranno ad esserlo. Tuttavia un mercato troppo concentrato significa meno libertà di scelta e più difficolta di accesso al credito per le piccole e medie imprese. La desertificazione bancaria, specie al Sud, è una minaccia per l’economia di interi territori. In questo quadro, il tentativo di omologazione alle società per azioni perseguito con la riforma del credito cooperativo ha registrato un sostanziale fallimento».
Il giornalista Antonio Bernardini pone la questione dello sviluppo tecnologico individuata come causa della chiusura di molti sportelli bancari che ha creato problemi a tante comunità. Per il leader dei bancari della Cisl «il nemico non è la digitalizzazione, ma il taglio dei costi: è questo che produce la riduzione degli sportelli, non l’innovazione. Del resto la diffusione dell’internet banking in Italia è ancora molto limitata rispetto alla media europea. In ogni caso abbiamo affrontato il problema con la costituzione di una cabina di regia sul digitale a livello nazionale per non lasciare che siano le banche a gestire da sola questa rivoluzione».
La domanda finale dell’intervista è riservata alla Banca Monte dei Paschi di Siena che è ad uno snodo cruciale. Come vede Riccardo Colombani la situazione? «Siamo contrari alla privatizzazione in tempi stretti: troppo costoso per le casse dello Stato e troppo costoso anche per i lavoratori di Mps. Nel nuovo piano sono previste 2.650 uscite e sappiamo che, in caso di fusione con un’altra banca, sarebbero molte di più. C’è poi il contenzioso, un macigno da 10 miliardi di euro, 3,8 dei quali derivanti dalla richiesta di danni presentata dalla Fondazione, su cui è auspicabile che si trovi un accordo. Non a caso Unicredit, individuata come uno dei possibili “salvatori”, esita a farsi avanti. La cosa migliore per Mps – conclude Colombani – è una soluzione di sistema che tuteli l’integrità e l’italianità della banca».